7 ottobre 2014

Otto anni fa Anna Politkovskaja veniva assassinata.


Ricordiamo Anna Politkovskaja con un estratto dal suo libro 
 "Cecenia il disonore russo

Sul tavolo un orologio meccanico scandisce il suo tic-tac. È carico, conta solo le ore a venire. L'uomo, comprendendo le regole che governano l'orologio, lo carica ogni mattina, in modo che il tempo non si fermi mai. Ma l'uomo è un essere strano. Si preoccupa molto delle lancette che gli indicano l'ora, ma riflette poco sul tempo.

Nel settembre del 1999 Vladimir Putin, dopo aver "ricaricato" un po' l'orologio e aver recitato con la gente la parte dell'antiterrorista, scatena in Russia la seconda guerra cecena. È così che Putin è riuscito a mandare indietro il tempo. Ben presto, insieme alla seconda guerra cecena, si è scatenata in Russia una nuova guerra, questa volta intestina.

Oggi le nostre lancette girano solo all'indietro. La nuova guerra civile non è stata dichiarata contro un unico popolo del territorio russo, ma contro tutti. Ognuno ci mette un pò del suo. La guerra lascia la sua impronta in ogni città, ogni regione, ogni repubblica. Ha invaso tutto e tutti vi partecipano, neanche l'autrice di questo libro sfugge alla regola.

In che epoca viviamo? Cos'è questa nuova guerra? Quale ritmo imprime alla nostra società? Chi siamo noi, cittadini russi dell'inizio del ventunesimo secolo? Noi? Noi siamo pronti a scannarci per ogni parola che non ci piace. Siamo intolleranti e intransigenti. Noi?
Noi, molto semplicemente, abbiamo ricominciato a mettere in circolazione concetti gravi come quello di "nemico del popolo", e affibbiamo questa etichetta a tutti quelli che non la pensano come la maggioranza, senza alcuna distinzione. Noi? Noi abbiamo riconosciuto che una pallottola in testa è il mezzo più semplice e più naturale per risolvere qualunque conflitto, per minimo che sia.
Noi? Noi, inariditi dalla guerra, odiamo più spesso di quanto non amiamo. L'odio è la nostra preghiera. Stringiamo i pugni volentieri, ma abbiamo difficoltà a riaprire le mani. E ancora una volta, invece di respirare l'aria a pieni polmoni, ci nutriamo del sangue dei nostri compatrioti senza battere ciglio. Non è forse guerra civile, questa? 

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