21 novembre 2013

Articolo di Repubblica Sciopero delle donne

tratto dalla conferenza stampa del comitato promotore 


L'incontro con Asmae Dachan

LA SIRIA E' ANCHE QUI

Dopo la grande attenzione mediatica di un paio di mesi fa sulla situazione siriana siamo già nella fase in cui la Siria non esiste più e, scampato il pericolo di un bombardamento da parte dell'Occidente, ci siamo rilassati supponendo che tutto fosse rientrato nei ritmi di una normale vita quotidiana.
L'incontro con la trentottenne Asmae Dachan, giornalista siriana che vive da tempo in Italia con la sua famiglia fuggita dalle angherie di Assad padre, organizzato a Bologna dalle Donne in Nero che si è svolto il 15 novembre nella sede della Provincia, ci ha aperto gli occhi e anche la mente e il cuore.
Asmae ha proiettato le foto scattate ad Aleppo e nei campi profughi nel suo viaggio di agosto, affrontato sfidando il continuo pericolo, e la realtà è apparsa improvvisamente in tutta la sua evidenza. In Siria c'è devastazione, miseria e fame. Aleppo appare distrutta, macerie ovunque; i campi profughi sono misere tendopoli colme di bambini, spesso orfani, che hanno poco o nulla da mangiare, giocano tra rivoli di liquami eppure sono sorprendentemente belli, come se la bruttura che li circonda non li sfiorasse.
Ma tante, troppe sono le storie di bimbi che muoiono per la denutrizione che condividono con le madri che non hanno più il latte per allattarli.
Anche gli adulti soffrono perché hanno abbandonato le loro case e non hanno più nulla, forse neanche la speranza.
Come sempre accade nelle guerre molte donne hanno subito violenza, valvole di sfogo della polizia di Assad che non trovando i padri, i fratelli, i mariti le "disonora" distruggendone la vita e lasciando una "macchia" indelebile sulla famiglia.
Come Asmae ci ha spiegato attualmente i contendenti armati in campo sono tre.
Da una parte c'è l'esercito di Assad, il dittatore spietato che per tanti anni è stato e ancora è un interlocutore per i Paesi Occidentali in quanto presunto baluardo contro l'avanzata del fanatismo religioso e anche per la Russia di cui è tradizionale alleato per l'importante posizione strategica, dall'altra parte l'esercito formato dai disertori che intendeva aiutare la popolazione civile, malissimo equipaggiato e adesso infiltrato da spie di Assad. Ultimamente si sono formate anche bande armate di fanatici collegati ad Al Qaeda, apparentemente contro il regime, ma che in realtà fanno il suo gioco fornendo la giustificazione della lotta all'integralismo religioso.
In tutto ciò la popolazione civile, in gran parte giovane, che si è pacificamente ribellata a decenni di angherie e alla totale mancanza di libertà (dal 1963 vige la legge marziale) e che da sola era scesa in campo contro  Assad, decimata dalle continue violenze, dai bombardamenti, si è spesso rifugiata nei campi profughi e paga le conseguenze di lotte sanguinose che ormai hanno poco a che vedere con la prospettiva di un futuro migliore.
La media borghesia benestante ha spesso cercato una via di fuga attraverso la Libia per raggiungere l'Europa, ma è stata ridotta in povertà per ottenere un passaggio su quei barconi in cui tanti hanno trovato la morte proprio a casa nostra! Sì, la Siria è anche qui.
Allora, cosa possiamo fare noi dalle comode poltrone di casa nostra?
Intanto possiamo parlarne e chi può deve fare pressione sui media affinché le sofferenze dei Siriani non siano dimenticate nella speranza che i governi democratici si muovano.
Asmae ci ha anche presentato un giovane siriano che vive a Bologna, rappresentante di un'organizzazione umanitaria che provvede a raccogliere aiuti (medicine, coperte,...) e a trasportarli direttamente nei campi profughi su ambulanze che vengono lasciate sul posto.


La Siria sta morendo, per via delle bombe, degli spari, dell’indifferenza e dei giochi di potere. Il numero delle vittime accertate ha superato i 200 mila; altrettanti sono i detenuti per reati d’opinione; oltre 10 milioni sono i siriani sfollati all’interno dei confini nazionali; oltre 2 milioni sono i profughi; ormai centinaia i siriani morti nel Mediterraneo mentre tentavano di mettersi in salvo dalle persecuzioni in Libia ed Egitto, paesi dove si erano inizialmente rifugiati fuggendo dai bombardamenti, ma dove sono stati poi presi di mira. La Siria sta morendo… ma fino alla fine, il suo popolo resiste e continua la sua lotta con dignità e coraggio.

12 novembre 2013

LA SIRIA E’ ANCHE QUI Incontro con Asmae Dachan giornalista siriana il 15 novembre alle 18


LA  SIRIA E’ ANCHE QUI 

Chiediamo degna accoglienza per  profughe/i 
che fuggono da una guerra che è un massacro di civili.


       Sempre più arrivano nel nostro paese,  bambine, bambini, donne e uomini, provenienti  dall’inferno siriano, senza trovare una degna accoglienza, considerando che stanno fuggendo da una guerra interna e quindi hanno lo status di profughi con diritto di asilo e di assistenza umanitaria.
In Siria, da uno scenario iniziale, in cui si individuava un movimento laico fatto di donne e uomini che chiedevano al regime autoritario e brutale di Assad il riconoscimento dei diritti civili e maggiore libertà, si è passati ad un altro scenario che vede quasi esclusivamente la contrapposizione dei soggetti armati, i loro coinvolgimenti nei massacri con armi chimiche senza nessuna considerazione  per le sofferenze della popolazione civile. Nel frattempo sono trascorsi due anni che hanno portato all’uccisione di quasi 100.000 persone e alla fuga di più di 4.000.000 di Siriane e Siriani e 2 milioni di sfollati.

       Nella nostra ricerca di contatti e relazioni significative, abbiamo ascoltato testimonianze che ci hanno fatto capire quanto  sia diventata grave e senza via d’uscita la situazione in Siria. Su quel movimento laico e pacifico che manifestava nelle piazze e per le strade delle belle città della Siria si è scatenata la repressione feroce da parte del regime che ha fatto 3.000 morti in poco tempo, si è poi innestata una reazione, presto diventata armata, da parte di vari soggetti anche islamisti con apporti di Al Queda provenienti da altri paesi.

        Il rumore delle armi ha coperto ogni voce di aspirazione a libertà e democrazia, mentre i giochi politici internazionali e dei paesi confinanti hanno contribuito a fomentare il conflitto armato con le loro scelte in campo, l’aiuto scellerato in armi ai contendenti e l’uso del dramma siriano per equilibri strategici e geopolitici. Intanto ad Aleppo come fu a Sarajevo la popolazione si reca al mercato malgrado i cecchini, per affermare il valore della vita e della sopravvivenza nonostante le vittime quotidiane. Anche le maestre, fra molti pericoli aprono ogni mattina la scuola, non negli edifici scolastici, ma in luoghi di fortuna, per dare una parvenza di normalità alle bambine e ai bambini traumatizzati. In realtà  ci sono molte zone prive dei generi di prima necessità a partire dall’acqua, latte per i bambini, corrente elettrica. La vita degli sfollati nei campi profughi è terribile e, senza aiuti, si prevede un disastro umanitario già in parte avviato. Come in tutti i conflitti armati, L’ARMA DELLO STUPRO è già largamente in uso. IL CORPO DELLE DONNE E’ ANCORA UNA VOLTA CAMPO DI BATTAGLIA E BOTTINO DI GUERRA PER INFLIGGERE CASTIGO E OFFESA AL NEMICO.
 E’ necessaria la creazione di corridoi umanitari per portare aiuti di prima necessità in un paese dove manca tutto, dove si muore di assedio, si muore di fame sotto gli occhi indifferenti della comunità internazionale.
      E’ necessario l’impegno dell'ONU e degli organismi internazionali, anche UE, per una soluzione negoziata del conflitto, e la cessazione della fornitura di armi ai contendenti.
Intanto, qui da noi, è urgente l’abolizione della famigerata legge BOSSI-FINI.
Esprimiamo solidarietà  con la Sindaca di Lampedusa per il suo impegno e coraggio!

Ne parliamo con Asmae Dachan  giornalista siriana
il 15 novembre alle 18 Saja dello Zodiaco
Palazzo della Provincia via Zamboni, 13
Donne in Nero Bologna

29 ottobre 2013

Intervista a Patricia Tough a proposito dello Sciopero delle donne

Intervista a Patricia Tough su radio Città Fujiko


"Si tratta di uno sciopero che affronta tutto il tema del femminicidio, non solo l'omicidio delle donne, ma tutte le forme di violenza e discriminazione che le donne subiscono in quanto donne."dice Patricia Tough delle "Donne in Nero"
"Malgrado- continua- ci sia un decreto sul femminicidio, che non ha portato a nessun dibattito, noi sappiamo che il tema del femminicidio è un fatto culturale. Il femminicidio è un dato strutturale, perchè si basa sul nostro concetto di società. Proprio per questo deve cambiare il sistema."
"A differenza di quanto fa il governo, che affronta il problema in maniera securitaria, si deve arrivare -conclude Patricia Tough- ad una condanna sociale del femminicidio attraverso un cambiamento culturale ed un dibattito nella nostra società."

11 ottobre 2013

Oggi Giornata Internazionale delle Bambine



"Il lavoro al posto del gioco. Come spesso i bambini maschi, anche le bambine sono costrette a lavorare. I due terzi di loro, fra i cinque e i 14 anni finisce nei campi. L'altro terzo lavora nei servizi e spesso finisce schiava in case altrui: nel 2008 le stime dell'International labour organization contavano sette milioni e mezzo di lavoratori domestici con meno di 14 anni di età, per la stragrande maggioranza dei casi di sesso femminile. Poi ci sono tratta e prostituzione. Ma ancor prima c'è la sudditanza nei confronti della famiglia e  del compagno. Il 56% dei 150 milioni di ragazze che secondo l'Oms hanno subito violenze sessuali, le ha subite in famiglia. Fra i ragazzi, dei 73 milioni che hanno subito abusi, solo il 25% li ha sperimentati in casa. "
“Il destino delle spose bambine. Poi, c'è il matrimonio. Dove si scopre che nei paesi in via di sviluppo più della metà delle ragazze, il 53%, è convinta che il marito sia autorizzato a picchiare la moglie, in certe circostanze. E che non sanno quasi mai come difendersi dalle malattie come l'Hiv: i ragazzi sono più informati e anche lì, è il marito a decidere.“

25 gennaio 2013

APPELLO DELLE DONNE COLOMBIANE: LA PACE SENZA LE DONNE NON VA AVANTI!



SOSTENIAMO  LA RICHIESTA DELLE CORAGGIOSE  DONNE COLOMBIANE  DI SOTTOSCRIVERE E DIFFONDERE IL LORO APPELLO PER UN ACCORDO DI PACE VERA

LA PACE SENZA LE DONNE NON VA AVANTI!


Ai partecipanti al Tavolo dei Negoziati perché finisca il conflitto armato in Colombia 

Noi, associazioni, gruppi, persone delle istituzioni e della società civile torinesi e piemontesi abbiamo ricevuto la Dichiarazione Finale dell’Incontro Nazionale di Mujeres por la Paz della Colombia, tenutosi a Bogotà il 3 e 4 dicembre 2012; la Dichiarazione è stata sottoscritta da 44 organizzazioni colombiane e qui ne  riportiamo alcuni passi che ci stanno particolarmente a cuore:

“Noi, le donne della Guajira, Bolívar, Atlántico, Sucre, AntioquiaCaldasChocó, Valle del Cauca, Cauca, Santander, Meta, CaquetáTolima, Bogotá, BoyacáRisaralda, Cesar, Magdalena, Sucre, Putumayo, Norte de Santander, Huila, Quindío,CundinamarcaNariño; donne afro-discendenti, indigene, contadine, di città, giovani, adulte, dell’arte e della cultura, di organizzazioni di donne, femministe, sociali, popolari, partiti politici, settore LGTBI; veniamo nella città di Bogotá per unire e tessere sogni ed azioni, per delineare una società anche a misura delle donne; società in cui ci si riconosca come soggetti di diritti nel pubblico e nel privato, si accordi autorità alle nostre voci e si valorizzino le nostre esperienze come valori della condizione umana.


Respingiamo le guerre pubbliche e private contro le donne, l’espropriazione di territori, suolo, sottosuolo e risorse, la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi e a detrimento delle condizioni di vita della maggioranza della popolazione colombiana, lo sfruttamento dei beni comuni, la privatizzazione delle risorse pubbliche, ambientali e dei diritti umani; esigiamo una crescita sana e uno sviluppo inclusivo e sostenibile.


Far tacere le armi nel pubblico e nel privato non è la pace. La pace implica far diventare realtà la giustizia sociale per tutti e tutte senza distinzione di etnia, sesso, religione, posizione politica o condizione economica; significa garantire i diritti alla verità, alla giustizia e alla riparazione per tutte le vittime; sradicare la violenza come esercizio della politica e la negazione dell’altro e dell’altra come pratica quotidiana. La pace significa smilitarizzare i territori, le menti e le parole.

Noi donne riunite nell’Encuentro Nacional de Mujeres por la Paz, chiediamo al Governo e alla “insurgencia” di non alzarsi dal tavolo fin quando non siano giunti all’accordo che ponga fine al conflitto armato; riteniamo che si devono superare tutti gli ostacoli e stabilire il conseguimento della pace come un diritto di tutti i colombiani e le colombiane. E’ imprescindibile che noi donne siamo protagoniste nel processo di dialogo, nella costruzione della pace e nelle decisioni che si prenderanno per realizzare questi propositi. Infatti i problemi che colpiscono le donne coinvolgono tutta la società e noi riteniamo che devono stare al centro dell’agenda che si discute tra il Governo e la “insurgencia”, a L’Avana a Cuba.”

Accogliendo una delle proposte contenute nella Dichiarazione Finale, che chiedono “alla comunità internazionale di appoggiare le iniziative delle donne e delle loro organizzazioni per contribuire al riconoscimento come interlocutrici politiche indispensabili nel processo di dialogo e costruzione della pace” facciamo nostro

-          l’impegno a diffondere, far conoscere e sostenere le azioni delle Mujeres por la Paz per l’uscita negoziata dal conflitto armato

-          la richiesta al Governo e alla “insurgencia” di non alzarsi dal tavolo fin quando non siano giunti all’accordo che ponga fine al conflitto armato.


Adesioni per e-mail a        donneinnero.bo@gmail.com


Prime firmatarie:


Prime firmatarie:
     Archivio delle Donne in Piemonte ,Associazione Almaterra ,Centro Studi e Documentazione Pensiero Femminile ,Centro Studi Sereno Regis, ,Donne di sabbia ,Donne in nero della Casa delle Donne di Torino ,Donne in nero di Bologna ,Donne in nero di Bergamo   ,Donne in nero di Modena ,Donne in nero di Napoli ,Donne in nero di Padova ,Associazione per la pace e Donne in nero di Schio  ,Donne in nero di Fano ,Donne in nero di Savona ,Donne per la difesa della società civile ,MIR – Movimento Nonviolento ,Se non ora quando – Comitato di Torino ,Spazio Donne della Cascina Roccafranca ,Sur – Società Umane Resistenti
      Lucia Centillo – Consigliera Comunale della Città di Torino, Presidente della Commissione per i Diritti e le Pari Opportunit ,Nadia Conticelli – Presidente VI Circoscrizione della Città di Torino  Laura Onofri – Consigliera Comunale della Città di Torino e Vicepresidente della Commissione Regionale Pari Opportunità Donna Uomo ,Maria Giuseppina Puglisi – Assessora alle Politiche Attive di Cittadinanza, Diritti Sociali e Parità della Provincia di TorinoMariacristina Spinosa – Assessora alle Politiche delle Pari Opportunità della Città di Torin
      UnioneDonneItaliane Bologna -- QUELLECHENONCISTANNO collettivo femminista e lesbico Bologna -- Donne CGIL Bologna --TAVOLO PER LA PACE di Pianoro (Bologna) --
       UDI - Unione Donne in Italia