25 gennaio 2009

Lettera dalle Donne in Nero di Madrid e di Belgrado ad Obama

Donne in Nero di Belgrado/Serbia/- Donne in Nero di Madrid

SIGNOR OBAMA,
SI', LEI PUO’ COLLABORARE PER LA PACE IN MEDIO ORIENTE

Signor Obama,
Israele sta applicando da anni una politica di guerra colonialista generalizzata contro la Palestina: la guerra a Gaza, il Muro, gli insediamenti in Cisgordania, l’usurpazione dell’acqua e delle risorse, in gran misura perché i Governi USA lo hanno sostenuto e consentito. USA è responsabile del fatto che i Governi israeliani violino continuamente tutte le risoluzioni dell’ONU e i Trattati Internazionali. Questa politica di guerra ha fatto sì che la società civile palestinese viva sotto l’oppressione della militarizzazione dei governi israeliani, come sotto quella dei suoi stessi governanti; e la società civile israeliana sotto la militarizzazione oppressiva dei suoi. Tutta questa politica di violenza e umillazione fa aumentare il dolore, l’odio e il desiderio di vendetta, generando la radicalizzazione di una parte della società palestinese ed araba in generale e provocando un’ondata di rifiuto mondiale verso Israele e USA.
Noi Donne in Nero ci uniamo alle molteplici petizioni di numerose donne della Rete Internazionale delle Donne in Nero, affinchè si fermi la violenza permanente nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, chiedendo che USA, paesi europei ed altri paesi sospendano la vendita di armi a Israele, perché queste sono le armi che si usano contro la popolazione civile, e ciò significa essere complici dell’aggressione.
La popolazione di Gaza e Cisgiordania, come l’insieme dei palestinesi, molti dei quali profughi di guerra, paga il prezzo per l’incapacità della Comunità Internazionale di obbligare il Governo israeliano a rispettare la legalità internazionale e arrestare la sua politica colonialista.
Certamente, con il lancio di razzi, Hamás genera paura e costituisce una minaccia per la popolazione civile israeliana. Sono azioni che devono essere condannate e se necessario fermate. Ma basta con l’impunità del governo di Israele e il ricatto dei suoi leader.

Com’è possibile sostenere, difendere o tacere sulla politica di aggressione del Governo di Israele?
Noi, Donne in Nero di Belgrado-Serbia e di Madrid, appartenenti alla Rete Internazionale delle Donne in Nero contro la Guerra, organizzazione nata in Israele nel 1988, le rivolgiamo un appello in nome della Pace e della Giustizia in Medio Oriente. Il cessate-il-fuoco decretato unilateralmente dal Governo israeliano non contribuisce alla Pace.
Signor Obama
· Sí, lei può: Fermare subito il Crimine contro l’Umanità a Gaza.
· Sí, lei può: Porre fine all’assedio in cui vivono la Striscia di Gaza e la Cisgiordania.
· Sí, lei può: Porre fine alla vendita di armi di USA a Israele. In caso contrario continuerete ad essere responsabili delle morti che producono.
· Sí, lei può: Rivedere tutti gli accordi con Israele ed annullare immediatamente quelli sottoscritti il 16 gennaio dai rappresentanti dei governi di Israele ed USA, Tzipi Livni e Condoleezza Rice, perché non contribuiscono alla Pace. Servono solo a rafforzare gli interessi di Israele.
· Sí, lei può: fare pressione perchè il Governo di Israele compaia davanti ai Tribunali Internazionali competenti, affinché si pronuncino sulle moltiplici violazioni dei principi contenuti nei Trattati e Risoluzioni del Diritto Internazionale.
· Sí, lei può: Sostenere le iniziative che giudicano queste violazioni degli Accordi Internazionali. Si deve porre fine all’impunità. Israele deve osservarli e rispettarli.
· Sí, lei può: Dare impulso al cambiamento che ponga fine a tanta violenza, affinché le società civili palestinese e israeliana possano sviluppare relazioni di conoscenza e fiducia che favoriscano la costruzione della Pace.
· Sí, lei può: Ascoltare le voci delle organizzazioni civili pacifiste arabe, israeliane, degli USA e della comunità internazionale, che chiedono Pace e Giustizia e che spesso sono calunniate, criminalizzate, aggredite e incarcerate per il loro attivismo nonviolento in favore della Pace.
· Sí, lei può: Rompere il suo silenzio. Il silenzio mondiale è già rotto ed il messaggio generale è: fermare i Crimini contro l’Umanità e aprire un dialogo con tutte le parti in conflitto.

Noi, Donne in Nero di Belgrado/Serbia abbiamo il diritto e la legittimità morale di esigere il rispetto di tutti i Diritti Umani da tutti i governi del mondo, incluso quello USA, perchè sempre e in primo luogo abbiamo condannato, abbiamo chiesto e continuiamo a chiedere l’assunzione di responsabilità per tutti i crimini commessi dal regime criminale serbo e dalle sue formazioni armate in tutto il territorio della ex Jugoslavia. Continueremo ad esigere che tutti i crimini siano puniti, prima quelli commessi in nostro nomee, come quelli commessi da altri.
Noi, Donne in Nero di Madrid, abbiamo il diritto e la legittimità morale di esigere il rispetto di tutti i Diritti Umani da tutti i governi del mondo, in primo luogo dal nostro, e anche da quello USA. Continueremo ad esigere che tutti i Crimini contro l’Umanità siano puniti, prima quelli commessi in nostro nome, ed anche quelli commessi da altri.
Una delle nostre amiche, Donna in Nero israeliana, afferma: “La mia comunità riconosce che la nostra sicurezza e il nostro benessere sono legati al benessere dei palestinesi e alla loro sicurezza e prosperità. Noi rifiutiamo di essere nemiche, noi continueremo a creare una cultura della Nonviolenza, della Giustizia e della Pace”.

Belgrado/ Serbia e Madrid, 20 gennaio 2009

24 gennaio 2009

Firmiamo la petizione di donne d'Israele

Sosteniamo questa petizione di donne, studentesse e professoresse del Collegio Sapir del sud di Israele. Stanno dicendo NO alla guerra dalla zona di guerra in Israele.
Per firmare cliccate su questo sito, è scritto in ebraico: nella prima casella si scrive il nome e il cognome, nella seconda (non obbligatoria) l’indirizzo email.


Le voci delle donne

Ogni donna ha un nome, anche se non è ebrea. Ogni uomo ha un nome, anche se non ha fatto il servizio militare, anche se vive dall’altro lato della frontiera. Ha un nome. Un volto. Ha figli e genitori che si preoccupano per lui. Ha una moglie, ha un marito che li amano. Hanno un anima che sente, pensa, soffre.
E’ il momento di ricordare che dietro il “problema palestinese” ci sono vite. Invece di parlare del problema, dovremmo essere capaci di vedere gli esseri umani.
Quante case ancora devono essere distrutte in nome di una guerra
per proteggere le nostre case?
E’ il momento che guardiamo fisso negli occhi, per tutte queste 940 paia di occhi che non potranno vedere mai più in nome della sicurezza.
Dobbiamo guardare gli occhi della madre il cui figlio è morto di fame. Guardare gli occhi dei bambini e delle bambine che hanno passato 4 giorni accanto ai cadaveri dei loro progenitori. Dobbiamo guardare gli occhi offesi dall’uso di una bomba al fosforo. Guardare gli occhi di quelli che hanno perso le loro case, parte dei loro corpi e parte della loro salute. Guardare gli occhi di oltre un milione di cittadini di Gaza che non hanno acqua corrente, elettricità o cibo, e dovremmo convincerci che non esiste una guerra morale né un esercito umanitario.
Non è giunto il momento che guardiamo la realtà e riflettiamo su quanta morte abbiamo causato per poter vivere?
Davvero ci sentiamo sicure?
E’ giunto il momento che ammettiamo che il piano di disimpegno dalla Striscia di Gaza ha creato una “occupazione giustificata”, ed è stato fatto per considerazioni economiche, e non ha permesso un governo autonomo, una amministrazione della vita quotidiana né ha assicurato i diritti umani fondamentali.
E’ il momento di ammettere che la guerra serve solo per quelli che vogliono dimostrare chi ha più munizioni e armamenti.
E’ il momento di chiedere molto più di questi slgan senza sostanza che vengono dai leader patriarcali e militaristi come: “Cambiamo la realtà nel Sud”, noi invece vogliamo cambiare una realtà molto più complessa, ma non a partire dall’odio né dalla paura. Una realtà che è fatta di gente che vuole vivere con dignità.
Ciascuna di noi è responsabile della situazione che stiamo vivendo in questi momento; quando tutto sarà finito, ci troveremo tra macerie e tombe.
Per distruggere – hai bisogno della Guerra. Per la pace hai bisogno della resistenza e della protesta.
Noi, residenti del sud di Israele, che viviano sulla frontiera con Gaza, studentesse, professoresse, impiegate, arabe ed ebree, siamo contro la guerra e vogliamo convincere voi, uomini e donne, ad unirvi al nostro grido per la fine della guerra, e a guardare la realtà negli occhi.

Foto del presidio del 21 gennaio a Bologna NON CI SARA' PACE SENZA GIUSTIZIA

Donne in Nero e non solo



22 gennaio 2009

NON CI SARA' PACE SENZA GIUSTIZIA Comunicato delle Donne in Nero di Bologna

E’ cominciato il “ ritiro da Gaza” dell’esercito israeliano che si lascia dietro un cumulo di macerie, zone di Gaza completamente desertificate dall’opera dei tank . Sono state distrutti case, aranceti, oliveti : uno scenario lunare terrificante.

Niente è risolto : le donne invisibili e disperate che sono morte o sono rimaste ferite gravemente nella trappola di Gaza rimarranno dimenticate se le donne del mondo non si incaricheranno di dare loro visibilità .

Il governo d’Israele, colpevole del massacro di 1340 palestinesi di cui 418 bambini in 22 giorni, non può restare come al solito impunito.
Il massacro non è altro che l’apice del brutale assedio di Gaza iniziato dopo la vittoria di Hamas, come forma di punizione collettiva, illegale, accompagnata da omicidi mirati e da vessazioni di ogni genere. Tutto questo si è innestato nel quadro di una politica israeliana di occupazione militare e colonizzazione dei territori palestinesi in cui dal 1967 si è assistito al furto legalizzato di terreni e case.
Dall’inizio del massacro, chiamato emblematicamente “Piombo fuso”, Gaza è stata trasformata in una trappola senza scampo per la popolazione.
La popolazione palestinese paga il prezzo dell’incapacità e non-volontà della comunità internazionale di fare rispettare ai governi israeliani la legalità, pur non potendo dimenticare che il lancio di razzi da parte di Hamas costituisce una minaccia per la popolazione civile israeliana ed è quindi da condannare.

Chiediamo che si dia seguito alla denuncia dell’ONU dei crimini di guerra commessi dall’esercito israeliano e che il governo d’Israele risponda davanti a un tribunale internazionale per i crimini contro i diritti umani commessi nella Striscia di Gaza.

Siamo stanche di parole piegate agli interessi e alle posizioni di potere , quello che è illegale deve esserlo anche per Israele, un massacro non può essere chiamato né “guerra” né “conflitto”.
La stampa e i media italiani, con poche eccezioni, si sono distinti per silenzi o giustificazioni della politica di aggressione israeliana, così come la maggioranza dei politici italiani ha dimostrato poca conoscenza della situazione palestinese, senza manifestare indignazione o dolore per tante morti e tanta distruzione.
Come Donne in Nero, in sorellanza con le pacifiste palestinesi e israeliane, guardiamo a un futuro di pace con giustizia e, come dice Hanan Ashrawi , parlamentare palestinese, “ la pace è una parola che va riempita di contenuti” e aggiunge

“ Al mio popolo dico: la via è la resistenza non violenta”

21 gennaio 2009

Donne in Nero di Bologna

19 gennaio 2009

Mercoledì 21 alle 17 in piazza del Nettuno: DONNE INSIEME PER DIRE BASTA AL MASSACRO DI GAZA


E' cominciato il "ritiro da Gaza" dell'esercito israeliano che si lascia dietro un cumulo di macerie, più di mille morti e zone di Gaza completamente desertificate dall'opera dei tank, a Jabalya sono state distrutte tutte le case, aranceti, oliveti e un vandalismo portato avanti con odio e accanimento si e abbattuto perfino sui sanitari delle case presi a martellate mentre scritte umilianti o contro Hamas coprono i pochi muri rimasti in piedi in uno scenario lunare terrificante. Naturalmente le operazioni di ritiro saranno parziali nel senso che ci sarà comunque a Gaza una presenza militare israeliana.
Niente è risolto, le donne invisibili e disperate che sono morte o sono rimaste ferite gravemente nella trappola di Gaza rimarranno dimenticate se le donne del mondo non si incaricheranno di dare loro visibilità, i bambini che non sono morti dovranno superare gravi traumi nel corpo e nella psiche ma magari mentre si cercherà di operare in tal senso ricominceranno le bombe e le violenze, bisogna operare dunque per garantire la cessazione di qualunque attività militare, bisogna garantire l'evacuazione totale dei militari israeliani da gaza, deve definitivamente terminare l'occupazione militare dei territori abitati dalla popolazione palestinese, garantire la riapertura di tutti i valichi perché le palestinesi e i palestinesi abbiano libertà di movimento insieme alle merci in entrata e in uscita.
Si deve operare per la riconciliazione fra palestinesi che questo ulteriore massacro non ha certo aiutato, il territorio palestinese deve essere unitario sia in senso territoriale che politico, quindi "NO AI BANTUSTAN" ma definizione dei confini e ritiro dai territori occupati e riconsegna ai palestinesi della terra rubata.
Il ritiro deve avvenire da tutti i territori palestinesi sia da un punto di vista militare che degli insediamenti dei coloni ricordiamo che in Cisgiordania tutto il territorio è disseminato di colonie e di presidi militari, dovranno inoltre essere eliminati i check-point ed instaurati normali passaggi di confine.
Consideriamo fatte "NON IN NOSTRO NOME" le offerte di Berlusconi al summit convocato da Mubarak, egli infatti si è impegnato a pattugliare il mare davanti a Gaza così come il valico di Rafah con i carabinieri italiani perché non entrino armi per Hamas, questo ignora che i valichi da cui sono venute le bombe sono quelli israeliani quindi il pattugliamento eventuale dovrebbe impedire i soprusi nei confronti dei palestinesi, gli impedimenti all'uscita e all'entrata delle merci e delle forniture mediche oltre che delle persone, ignora inoltre che la guerra su Gaza era stata già preparata da mesi per scopi elettorali ma non solo e quindi si sta svolgendo un teatrino che ignora i diritti umani della popolazione palestinese.

CHIEDIAMO CHE SIA DATO SEGUITO ALLA DENUNCIA DELL'ONU DEI CRIMINI DI GUERRA COMMESSI DALL'ESERCITO ISRAELIANO
LO STATO D'ISRAELE RISPONDA DAVANTI A UN TRIBUNALE INTERNAZIONALE PER QUESTI CRIMINI CONTRO I DIRITTI UMANI NEI CONFRONTI DELLA POPOLAZIONE DI GAZA

Donne in Nero e non solo

15 gennaio 2009

Nepal, giovane giornalista barbaramente uccisa



12/01/2009 Da Peacereporter.
Uma Singh, giornalista che si occupava di diritti delle donne e che aveva criticato i leader politici nepalesi è stata pugnalata a morte nel Terai, nella zona meridionale del Nepal."Uma Singh è stata attaccata da circa quindici uomini armati, che, dopo essere riusciti a entrare nel suo appartamento, l'hanno pugnalata ripetutamente", ha dichiarato Shambu Koirala, un ufficiale di Sarlahi, località a 90 chilometri a sud di Kathmandu. Il sud del Nepal aveva visto diminuire fortemente le violenze dal 2006, anno in cui i maoisti hanno posto fine alla guerra civile vincendo poi le elezioni bell'anno successivo. Nell'area la situazione sta rapidamente peggiorando: di recente sono sorti diversi gruppi armati, che combattono per ottenere un maggiore grado di autonomia regionale. Uma Singh, 24 anni, lavorava per un quotidiano locale e per una stazione radio. "Ultimamente aveva scritto dei pezzi nei quali sottolineava le responsabilità dei politici rispetto alla situazione di caos in cui si trova la zona di Terai", ha spiegato Brij Kumar Yadav, direttore di Janakpur Today. "Era una giornalista coraggiosa, e questa uccisione brutale mostra chiaramente quali minacce i giornalisti nepalesi si trovino a dover fronteggiare", ha aggiunto Brij Kumar Yadav. Human Rights Watch segnala che dal 2007 sono ben quattro i giornalisti uccisi in Nepal, esclusa la Singh.

Due ore all'inferno, di Luisa Morgantini

DAL MANIFESTO , 14 GENNAIO 2009

Poco più di due ore ma sono bastate per vedere la distruzione e la desolazione della gente di Gaza. Con 8 parlamentari europei e un senatore del Pd, siamo stati gli unici rappresentanti politici ad essere entrati nella Striscia da quando è iniziato l'attacco israeliano. Siamo entrati attraverso il valico di Rafah grazie alla indispensabile collaborazione dell'Unrwa e delle autorità egiziane e forzando la volontà di quelle israeliane che hanno respinto la nostra richiesta. Colpi di cannone e bombe sono cadute vicino la sede dell'Onu in cui ci trovavamo, malgrado ci fosse una tregua di tre ore. Non rispettata. Così come la risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, respinto da Israele e da Hamas. «Tutti e due si dichiareranno vincitori ma siamo noi a morire»: è un uomo accasciato nel centro di raccolta degli sfollati dell'Onu, che ci parla. Responsabilità di Hamas, ma l'asimmetria, è innegabile. Israele continua da più di 40 anni ad occupare e colonizzare terra e popolo palestinese, con la forza militare e la violazione del diritto umanitario e internazionale: a Rafah ho visto esseri umani logorati dal terrore sfiniti dall'insonnia per due settimane di duri bombardamenti, di ricerche disperate di cadaveri tra le macerie e una fame antica quanto l'embargo che anche prima dell'operazione «Piombo fuso» soffocava e costringeva in una punizione collettiva i civili di Gaza. Sono attaccati dal cielo, dalla terra, dal mare, nessuno e niente può dirsi al sicuro.Ed è la prima volta che persone bombardate non hanno dove fuggire, le frontiere sono chiuse, aspettano di morire. È ciò che mi ha detto Raed: «Ogni volta prima di cercare di dormire, bacio mia moglie sperando di ritrovarla il giorno dopo e di non morire sotto le bombe». Orrore e impunità: la scuola dell'Unrwa di Jabalia è stata centrata in pieno da un missile da dove non sparavano i miliziani di Hamas e lì sono morti 45 civili. Gli obitori sono stracolmi di cadaveri come le corsie di feriti con ustioni gravi provocate dal fosforo bianco e dalle armi Dime (sperimentali), usate in Libano - l'ammissione è di parte israeliana. Un medico ci dice che i malati cronici non vengono più curati: non ci sono medicine. A Gaza le madri assiepate a decine con i loro bambini in una piccola stanza ci guardavano disperate, con gli occhi persi nel vuoto, ci mostravano i figli ancora feriti e ci chiedevano «Perché?». L'Unrwa denuncia la mancanza di beni base necessari. Israele non permette il flusso necessario di aiuti. Ma nulla e nessuno è al riparo dalla scelta di Israele di continuare nell'illegalità. Mentre si bombarda Gaza aumentano i coloni illegali in Cisgiordania e cresce il Muro che confisca terre e divide palestinesi da palestinesi. Continuare a tenere viva la speranza per il diritto ad uno Stato, sui confini del '67 con Gerusalemme capitale condivisa, è sempre più difficile. Come far assumere alla Comunità Internazionale le proprie responsabilità? Come far cessar il fuoco subito? Come convincere Israele che non può continuare a violare la legalità internazionale ma che deve iniziare ad ascoltare al suo interno le voci che chiedono pace, diritti e dignità per il popolo palestinese, unica via per la propria sicurezza? L'Unione Europea deve avere il coraggio e la coerenza di fermare il potenziamento delle relazioni e cooperazione con Israele, sopratutto quella militare. Noi parlamentari europei lo chiederemo ancora una volta, insieme al cessate il fuoco da tutte e due le parti e a forze internazionali per proteggere i civili non solo a Gaza ma anche in Cisgiordania. E mi auguro che in Italia i movimenti sappiano capire che essere uniti è importante e che non si è per Israele o per la Palestina, ma per il diritto e la giustizia. Io continuo a stare con quei palestinesi ed israeliani che dicono «ci rifiutiamo di essere nemici - fermate il massacro - basta con l'occupazione».

Riflessioni laiche

Da Debora Picchi di ItaliaRawa riceviamo:

Riflessioni laiche
Care tutte,
per chi di voi legge l'inglese, suggerisco di consultare il sito delle donne londinesi - di varia provenienza d'origine - che fanno parte del gruppo WAF . WAF sta per Women Against Fundamentalism (Donne Contro il Fondamentalismo). Il gruppo è impegnato sui temi della laicità in riferimento ai diritti delle donne e mi pare di particolare interesse anche per il suo approccio trasversale alle 'culture'. Queste donne si battono per garantire la laicità delle istituzioni anche in merito alle politiche rivolte alle comunità straniere in Gran Bretagna. Esse denunciano il pericoloso atteggiamento - spesso tenuto proprio dalla sinistra - di 'rispetto delle altre culture' che troppo spesso permette e legittima la feroce discriminazione delle donne.
Mi sembra indispensabile, al fine della riflessione in atto nei vari movimenti di donne in Italia e al fine di promuovere pratiche e politiche laiche e di rispetto di genere nelle nostre istituzioni e nella nostra sinistra (?), tenere conto di questa e di simili esperienze di donne che già da tempo si cimentano con una società complessa e multiculturale.
Fermo restando i punti importanti su cui ognuna di noi lavora nello specifico (la difesa della 194, la battaglia contro la legge 40, la lotta alla violenza sulle donne e così via..), credo che ci dovremmo porre come obiettivo generale quello di far passare in tutti i luoghi della politica, a partire da quelli a noi più vicini, un'analisi che affronti seriamente la questione di genere e la questione della laicità vista in un'ottica trans-culturale. Del resto forti stimoli in questo senso ci arrivano proprio dalle donne afghane, in particolare da RAWA dalla stessa Malalai Joia, vividi esempi di lotta per la laicità e per i diritti nel cuore del fondamentalismo più cupo.
Tenere uno sguardo aperto su tali esperienze estere mi sembra in questo senso sano e corretto, non solo perché possono rappresentare un contributo prezioso al nostro lavoro, ma anche perché credo che sia necessario mettere in discussione pratiche politiche (ahinoi!) qui di gran moda. Come molte di noi, anch'io sono sempre più preoccupata dalla resistenza e spesso dall'ostinato rifiuto da parte di gran parte della sinistra a difendere e addirittura ad accettare posizioni laiche e di rispetto di genere, soprattutto quando si tratta di affrontare questioni che riguardano le 'culture non occidentali', siano esse rappresentate dalle comunità straniere presenti sul nostro territorio o da realtà sociali in altri paesi. Proprio nel trattare tali argomenti, ciò che dovrebbe essere la 'sinistra' - sia istituzionale, sia dei movimenti - troppo di frequente prende posizioni decisamente discutibili in termini di laicità e di difesa dei diritti, anzi assume posizioni che spesso annientano qualsiasi approccio democratico e di genere, e sceglie come interlocutori politici personaggi o gruppi che per loro natura sono antidemocratici e discriminatori nei confronti delle donne.
Credo che sia davvero arrivato il momento di riflettere seriamente su questi aspetti ed eventualmente di fare una discussione aperta e coraggiosa con quelli che riteniamo siano i nostri interlocutori ed alleati politici per far emergere le contraddizioni del loro agire. Personalmente mi sono chiesta perché nei giorni scorsi sono scesa in piazza per partecipare ad un corteo guidato da una folla di uomini deliranti che inneggiavano a dio scandendo versetti sacri. Non trovo risposta. Non c'è risposta. Semplicemente non ha senso! Non è questa la parte con la quale mi voglio schierare e non è questo il modo in cui mi voglio schierare.
Sono certa che molte di voi condivideranno il mio disagio ma spero che troveremo insieme il modo, il tempo e la forza di affrontare questo difficile tema con lucidità, determinazione ed efficacia.

14 gennaio 2009

Appello delle Donne di Isha L’Isha, organizzazione femminista israeliana



Al Primo Ministro, Ehud Olmert
Al Ministro degli Esteri, Tzipi Livni
Al Ministro della Difesa, Ehud Barack

Noi donne di Isha L’Isha seguiamo con seria preoccupazione gli eventi violenti nella nostra area e i mortali irresponsabili attacchi del Governo di Israele sui residenti di Gaza che conduce centinaia di migliaia di residenti in Israele a una situazione di guerra e di paralisi economica.
Gli attacchi delle forze aeree vengono perpetrati contro una popolazione ad alta densità di cui fanno parte le nostre sorelle, le donne e le figlie di Gaza che sono imprigionate senza nessuna possibilità di fuggire a causa dell’assedio che Israele sta imponendo. Questi attacchi stanno avvenendo dopo molti lunghi mesi di assedio che ha consumato fino al midollo tutte le infrastrutture di cui i residenti di Gaza hanno bisogno per trovare rifugio, proteggere i propri figli e la popolazione civile, fornire medicine e cibo ai feriti, ecc.
Ci opponiamo fermamente alla posizione secondo cui questi attacchi ci stanno difendendo in qualche modo e li consideriamo solo un approfondirsi dello spargimento di sangue e della guerra e una minaccia alla speranza di pace e tranquillità nella nostra area.
Consideriamo il Governo di Israele il principale responsabile di questa violenza in quanto costituisce la parte forte e Hamas responsabile secondario in quanto costituisce la parte meno forte in questa guerra.
Condividiamo l’insofferenza diffusa fra molta gente nella società israeliana riguardo a questa politica di guerra ed anche la consapevolezza che l’uso sproporzionato della forza invece di portare alla sicurezza porta all’insicurezza, come in realtà è accaduto a Jenin e in Libano. L’aumento della violenza porta a minare le basi stesse della democrazia poiché getta la società nelle mani dei militari. Porta ad approfondire i gap sociali dato che la vita economica alla periferia del paese è bloccata. Causa inoltre danni devastanti alla lotta per la libertà delle donne a Gaza, in Israele e dovunque la violenza pretenda di governare.
Inoltre ci opponiamo a ogni tentativo di minare la legittimità da parte di ebree/i e arabe/i di contestare questa operazione di guerra sapendo che noi non abbiamo che una sorte condivisa e che possiamo sperare in un futuro solo se basiamo il nostro presente sulla collaborazione. Opponiamo strenua resistenza contro ogni tentativo di separare arabe/i ed ebree/i israeliane/i nella società israeliana.
A nome nostro e a nome delle prossime generazioni nei confronti delle quali ci consideriamo responsabili come cittadini/e, chiediamo al Governo Israeliano che metta fine a questo crudele assedio su Gaza, che fermi immediatamente gli attacchi, che liberi i residenti del sud dal loro ruolo di ostaggi nelle mani di politici senza futuro e di portare a termine il ruolo per cui sono stati eletti- portare prosperità, sicurezza economica, pace e sicurezza oggi e per le generazioni a venire, per tutte le donne e gli uomini della società israeliana mentre si impegna a creare alleanze con tutti i residenti dell’area.
Donne di Isha L’Isha Sito Internet

13 gennaio 2009

Da un'amica palestinese: Frammenti da Khan Younis



Riceviamo da Anna Valente Donna in Nero di Torino la traduzione della lettera di Majeda, un'amica palestinese di Gaza instancabile attivista che lavora da anni per l'Associazione culturale e per il libero pensiero di Khan Younis, un'associazione che si occupa da anni di bambine/i traumatizzati e non, che accoglie adolescenti e donne e mantiene la propria indipendenza pur basandosi sui finanziamenti stranieri. La libertà di pensiero e l'indipendenza le ha attirato anche le ire degli integralisti locali che hanno più volte chiuso il centro o portato via le strumentazioni ma non per questo Majeda e le altre hanno desistito appoggiate da tutte noi.


Frammenti da Khan Younis

27 Dicembre 2008
Ho una forte sensazione che gli israeliani vogliano attaccare nelle vacanze di Natale. So, nel profondo del cuore, che né i governi dell’Unione Europea né gli USA si preoccuperanno molto di reagire. Ma so anche che gli israeliani calcoleranno di commettere i loro massacri quando hanno più tempo.
Ma non avevo immaginato neppure per un secondo che sarebbe stato così. Intorno alle 11 o 11:30, ho sentito come un terremoto colpire Khan Younis con boati che non avevo mai, mai sentito prima - neppure quando le forze di occupazione israeliane hanno usato bombe suono alcuni anni fa.
La prima cosa che mi è venuta in mente è stata mia madre, le mie sorelle e i bambini della scuola e dell’asilo. Ero al piano di sopra e mi affrettavo per fare una doccia calda - avevo fatto docce fredde per oltre una settimana perché non c’era abbastanza sole per scaldare l’acqua e non avevamo elettricità in ore decenti, o energia decente per scaldare a sufficienza l’acqua per i miei lussuriosi 5 minuti di doccia!
Sono corsa giù dalle scale, più veloce del suono che avevo sentito. Ho guardato negli occhi mia sorella, ho guardato negli occhi mia madre, e, in un attimo, sono corsa giù dalle scale nel giardino per andare a prendere i bambini dall’asilo e dalla scuola... Mio nipote di sei anni aveva gli esami, perciò era tornato presto dalla scuola. Gli altri due erano sulla porta. Il nostro vicino era in città, così li aveva portati con il proprio figlio.
I bambini erano spaventati e parlavano del terribile rumore che non capivano. Wael, il mio nipote di 4 anni non capiva niente - non sapeva nemmeno dell’esistenza di Israele.
Adesso lo sapeva. Tutti loro lo sapevano.
L’intera famiglia non sapeva che fare, così tutti ci siamo radunati nel giardino. L’ultima volta che gli israeliani avevano attaccato, le finestre erano andate in frantumi sulle nostre teste, e alcune porte si erano rotte. Questa volta il bombardamento è più intenso, così la migliore soluzione sembra essere quella di stare fuori all’aperto.
Tutto ciò e il rumore delle bombe continua, c’è fumo intorno a noi ovunque e l’odore del bombardamento sta inquinando la nostra vita ancora una volta.
Ho cercato per più di un’ora di chiamare mio fratello e la sua famiglia a Gaza city per sapere se era salvo. I telefoni fissi e mobili erano fuori servizio!
Dopo un’ora siamo riuscite a contattare uno di loro - mio nipote Azzam, che lavora per le Nazioni Unite. Mi ha detto che era al sicuro in uno dei rifugi nell’area delle Nazioni Unite di Gaza. Era la prima volta che sentivo dell’esistenza di questi rifugi a Gaza!
Dopo due ore i messaggi di testo (sms) cominciarono ad essere distribuiti e avemmo risposte da tutti che erano salvi MA... ognuno/a aveva la sua storia da raccontare su questo terremoto prodotto dall’uomo.
Più tardi abbiamo scoperto che il bombardamento era iniziato nello stesso momento in tutta la Striscia di Gaza. Come siamo fortunate io e la mia famiglia perché non siamo nel conteggio delle persone uccise nei primi 5 minuti dell’attacco! Siamo fortunati, veramente!!!

Negli ultimi 20 giorni non abbiamo avuto gas per cucinare. Il mese scorso mia cugina ci ha dato i suoi 6 Kg extra da usare. Stamattina, il Sabato Nero, il 27 dicembre 2008, siamo riuscite ad avere un po’ di gas per cucinare al mercato nero, che io ho cercato di evitare per tutta la vita. Ho riempito la bombola nostra e quella di mia cugina, ho pagato quattro volte il prezzo, ma non avevo scelta.
Alle 5 del pomeriggio mi è parso che fosse sicuro portare la bombola di gas a casa di mia cugina perché il bombardamento era terminato. La casa dista da noi solo 5 minuti di automobile. I bambini insistevano per venire e iniziavano a piangere , così li ho portati con me. Abbiamo girato in auto intorno alla casa e ci siamo immessi nella strada da dietro. Ma allo mi sono ricordata che lì c’era una stazione di polizia, così ho pensato fosse meglio prendere l’altra strada. Sono tornata indietro e ho preso l’altra strada per trovarmi di fronte un aereo che bombardava un’auto.
I bambini hanno visto le fiamme e sentito il rumore. Erano così spaventati. Gli ho detto che si trattava dei fuochi d’artificio per Capodanno.
Non potevamo tornare a casa perché stava passando il funerale del nostro vicino e la strada era piena di gente e di automobili, così ho deciso di proseguire. Abbiamo dato la bombola a mia cugina e sulla strada del ritorno c’è stata un’altra forte esplosione, questa a uno dei posti di polizia della città.
Ci siamo lasciati dietro i fuochi artificiali e siamo andati a casa.
Mia madre ci ha detto che gli israeliani avevano appena bombardato Asda'a Media City, la nuova area d’intrattenimento nell’ex colonia israeliana, al limite di Khan Younis. Arslan, il mio nipote di 5 anni, è furioso. Arslan, come tutti gli altri bambini, ama questo posto perché ci sono pesci, un piccolo zoo, un piccolo campo da gioco e un ristorante. Piange e piange. Non posso promettergli niente: “Sono sicura che troveremo un altro posto più bello...”
Ci siamo assicurate che i bambini si addormentassero tra di noi prima di portarli di sopra a letto, affinché potessero in qualche modo sentirsi al sicuro.
Non ho potuto dormire tutta la notte, ascoltando il bombardamento, chiamando amici e parenti per assicurarmi che stessero bene, ascoltando la radio perché non c’era l’elettricità per guardare la tv e imprecando contro di me per essere stata così stupida da portare i bambini fuori casa!!! Non so se sono io così insensibile, o gli israeliani, o il mondo!!! Non è saggio portare fuori i bambini? Certo che lo è... Ma non a Gaza. Non adesso. E neanche in altri momenti...
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28 Dicembre 2008
Al mattino Wael si sveglia e viene da me a mostrarmi il dito che è gonfiato. “Guarda, è stato il bombardamento e l’attacco aereo!”
“Quando?” chiedo.
“La notte scorsa, mentre dormivo, mi hanno colpito.”
“Dici bugie,” gli dico.
Sorride e dice:“Anche tu dici bugie...”!!!

31 Dicembre 2008
Ieri ho chiamato la mia amica Wafa, che vive a Gaza City, nella zona di Tel Al-Hawa, per sapere sue notizie. Sta bene e sono una famiglia fortunata, come mi ha detto. Perché sabato, quando è iniziato il primo bombardamento sulla Striscia di Gaza, aveva tutte le porte e le finestre aperte perché stava pulendo e sistemando il suo alloggio.
Non si è rotta nessuna finestra e nessuna porta, contrariamente a quelle dei suoi vicini, che ora cercano rifugio nel suo alloggio al secondo piano.
Wafa mi ha detto che dopo le 7 di sera tutti i vicini si sono radunati nel suo piccolo appartamento, gli uomini in una stanza e le donne nell’altra. Potevo sentire i pianti dei bambini e voci ansiose provenire dalla linea telefonica.
“Mira mia figlia è l’unica che è spaventata,” mi ha detto Wafa. “Ti ricordi di lei, vero?”
“Ho pensato che se la portavo fuori a vedere la realtà di Gaza forse poteva essere meno spaventata, perché stiamo vivendo la stessa condizione e sono certa che stiamo meglio di altri. Così l’ho portata fuori per una passeggiata nelle vicinanze. Vorrei non averlo fatto!”
“Quando ho visto quello che ho visto, mi sono spaventata anch’io,” mi ha spiegato Wafa. “Avrei voluto bendarle gli occhi e correre a casa. Mi sono insultata per averla portata fuori dall’appartamento. Ma non avrei mai immaginato che Gaza potesse diventare una città fantasma in meno di un giorno! Se tu vedessi la nostra zona non la riconosceresti.”
Wafa ha aggiunto istericamente:”Lo sai, Majeda, stiamo tutti bene. Veramente. Il nostro solo problema è che non abbiamo elettricità dal primo giorno dei bombardamenti. Da allora io faccio l’impasto del pane e lo mando ai miei vicini nell’edificio a fianco per farlo cuocere. Loro hanno un generatore, grazie a dio!”
“Per essere onesta, il pane, il freddo, i palazzi e tutto il resto non sono il nostro problema, oggi,” mi ha detto Wafa. “Il nostro vero problema è che abbiamo questo razzo inesploso davanti al palazzo.”
“Che razzo?”
“Il razzo F16. Abbiamo chiamato parecchie persone ma nessuno può farci niente, temono che possa esplodere o che l’F16 li colpisca se si avvicinano.”
“Vuoi dire che è ancora davanti al vostro palazzo?!”
“No, non proprio davanti adesso. La Protezione Civile è venuta e gli ha legato una corda intorno e l’ha smosso verso la strada”.
“Gli hanno messo sopra della sabbia perché nessun bambino o persona si ferisca.”

4 Gennaio 2009
Ieri è stato il giorno più orribile che io abbia mai vissuto. Mia madre ha detto che neppure nella guerra del 1967 era così brutto. Niente elettricità, pochissima acqua, gelo, e ancora più orribile è stato il freddo accompagnato dall’orchestra dal vivo della guerra.
Bombardamenti dai carri armati dell’incursione via terra, bombardamenti degli F16, il drone che gira in cerchio giorno e notte senza fermarsi, facendo quel rumore irritante come se avessi un’ape proprio sul lobo dell’orecchio. E in aggiunta a tutto ciò, il rumore del bombardamento dal mare.
Melodia di guerra, voglio chiamarla.
In questo modo posso rispondere alle domande di Wael. Ha cominciato a chiedere: Cosa è la guerra? Perché c’è la guerra? Chi ha cominciato la guerra? Perché c’è la guerra?
Forse se aggiungo la parola melodia, chiederà che cosa è una melodia...
Sfortunatamente, Wael non chiede della melodia. Invece continua a chiedere: Perché il pilota vuole uccidere gli uccelli? Perché il pilota odia gli uccelli? Forse non sa che hanno una vita come noi... Sono scioccata dalla sua domanda: “Forse non sa che gli uccelli hanno una vita.”
Dico a Wael di rientrare perché fuori fa un freddo gelido. I suoi uccelli non sono più in cielo. “Vieni a giocare il gioco dell’Alaska!”
“Cos’è l’Alaska?”
“È un nuovo gioco che giocheremo tutti con la nonna. Ognuno/a di noi ha la propria coperta per coprirsi tutto il corpo dalla testa ai piedi.”
Non so se stavamo cercando di scaldarci o di nasconderci dal bombardamento... Qualunque cosa fosse, stavamo meglio perché non c’era elettricità né uccelli nel cielo a confortarci.
“Ok, Wael, sei il capo dello stato dell’Alaska, e noi siamo il popolo dell’Alaska. Che cosa ci ordini?” dissi per incominciare il gioco...

“Vi ordino di andare al negozio e comprarmi un aeroplano, una gabbia e dei semi,” ha detto, succhiandosi il pollice.
“Perché?” ho chiesto. “Devi spiegarmelo.”
“Voglio volare su, su, su - finché raggiungo dio!
Prenderò tutti i miei uccelli,
e li metterò in una gabbia.
Volerò di nuovo,
prenderò il pilota.
Lo porterò qui
e gli darò i semi per nutrire gli uccelli.”
Guardo Wael mentre il bombardamento continua, è abbastanza ansioso.
... E penso che il gioco dell’Alaska può fornire qualche idea creativa per scaldarci il corpo e un po’ di vita sotto questo bombardamento.

Sfortunatamente, non era un’idea molto furba. Così ho semplicemente obbedito all’ordine di mia madre: ci siamo messi tutti più vicini e abbiamo creato una rete di abbracci che ha veramente portato calore alle nostre vite e un po’ di sicurezza.
Abbiamo continuato ad ascoltare la melodia che arrivava da fuori e abbiamo cominciato a contare le esplosioni delle bombe; 1, 2, 3, ... 28, ... 32 .... i bambini non sapevano contare oltre 50, così abbiamo smesso.
Dobbiamo tenere porte e finestre aperte perché il bombardamento degli F16 può frantumare i vetri di porte e finestre. è già successo, nel marzo 2008, quando hanno colpito il palazzo di fronte a noi. Ma allora il vetro era disponibile al mercato. Questa volta non c’è niente, il che significa che dobbiamo passare l’inverno senza vetri per porte e finestre. Stiamo attenti ai cambiamenti e scegliamo di aprire porte e finestre.

5 lunghissime ore sono passate e la situazione è sempre la stessa. Il solo cambiamento che cogliamo è un ulteriore suono aggiunto all’orchestra: le sirene delle ambulanze che vanno su e giù.
Ho chiesto ai bambini di dormire al primo piano con tutti noi. Wael si è rifiutato. Continua a dire: dormirò nel mio letto, perché se non lo faccio il pilota colpirà il nostro alloggio.
Ho provato a convincerlo che se stavamo tutti insieme saremmo stati più caldi. Alla fine ha acconsentito. Ma poi ha cominciato a chiedere di andare di sopra a controllare il suo letto, la sua stanza, i suoi giocattoli, la sua cartella. Alla fine sembra più sicuro lasciare che stia in un luogo unico, così la sua famiglia va di sopra, anche se fa più freddo ed è più pericoloso.
Dopo che tutti sono andati a dormire, è tornata l’elettricità. Sono almeno 24 ore che siamo senza elettricità. Ho cercato di trarne il massimo vantaggio. Prima cosa: una doccia calda. Ma sfortunatamente, non ha funzionato perché non c’era abbastanza potenza per scaldare l’acqua. Così mi sono seduta al computer, ho finito qualche lavoro che dovevo completare, ho scritto email ad amiche e famiglie fuori della Palestina per provare a confortarle e assicurare che siamo sopravvissuti ancora un giorno sotto questa guerra su Gaza.

5 Gennaio 2009
Proprio prima di andare a letto Wael dice: “In realtà, mi piace la guerra.”
Gli chiedo perché
“Perché non devo lavarmi la faccia e le mani. Non devo lavarmi la faccia e le mani con questo freddo. E non devo andare all’asilo di mattina.”
“Ma non sei capace di contare le bombe... se non vai all’asilo, perché sai contare solo fino a 50.”
“Non mi piace contare le bombe, comunque,” mi risponde e sale le scale.
Capisco quanto sono stupida a far contare le bombe a questo ragazzino. Sono così arrabbiata con me stessa.

Wael torna indietro e dice: “Ti voglio chiedere: se un bambino e suo padre sono fatti di ferro, il razzo li colpisce?”
“Si,” rispondo.
“E se sono fatti di legno?”
“Si,” rispondo.
“E se sono fatti di albero?”
Improvvisamente mi rendo conto che devo dire no, perché possa dormire..

12 gennaio 2009

Un grido per fermare lo spargimento di sangue - Yvonne Deutsch, Donna in Nero israeliana



Care tutte,
ho visto stamattina delle immagini di quel che veniva detto «il campo di concentramento di Gaza». Questo orrore, questa crudeltà viene fatta in nome mio, una donna israeliana ebrea che vive a Gerusalemme Ovest. I crimini contro l'umanità commessi a Gaza sono fatti in nome mio, una femminista, una pacifista. Questi massacri sono fattti in nome di quelli che amo. Questa sofferenza è causata in nome della mia comunità. Questi crimini contro i bambini palestinesi e gli abitanti di Gaza sono fatti in mio nome.
Mi vergogno.
Sto male.
Piango.
Provo rabbia.
Mi sento impotente.
Faccio parte di una comunità militante.
La mia comunità è attiva tutti i giorni per fermare lo spargimento di sangue.
La mia comunità è attiva contro l'occupazione da molti anni.
La mia comunità è attiva per una soluzione giusta nel conflitto israelo-palestinese
La mia comunità è solidale con il popolo palestinese
La mia comunità riconosce che il popolo palestinese aspira a vivere in pace
La mia comunità è cosciente dei risultati violenti dell'occupazione e della povertà e della disperazione che ne derivano.
La mia comunità è attiva contro il razzismo
La mia comunità è attiva contro la povertà e per la giustizia sociale in Israele
La mia comunità crea collaborazioni economiche ed ecologiche di base, con Palestinesi dei Territori occupati dal 1967
La mia comunità è ebrea - palestinese
La mia comunità è vecchia e giovane
La mia comunità è attiva per i diritti umani dei Palestinesi
La mia comunità è attiva per i loro diritti economici, sociali e politici
La mia comunità riconosche che la nostra sicurezza e il nostro benessere sono legati al benessere dei Palestinesi e alla loro sicureza e prosperità
La mia comunità è attiva contro la violenza e la guerra.
La mia comunità rifiuta di partecipare alla guerra e all'occupazione
La mia comunità è attiva per la giustizia, la prosperità, una coscienza ecologica e la pace
La mia comunità fa parte di una rete politica globale di femministe per la pace che collega la guerra e la violenza contro le donne in quanto alla base del patriarcato.
La mia comunità è attiva per fermare lo spargimento di sangue e la crudeltà a servizio di superpotenze che combinano capitalismo militarismo e strutture nazionaliste
La mia comunità è costituita da numerosi circoli militanti e di conoscenza, vicini e lontani
La mia comunità è ricca di colori e diversità
La mia comunità è composta di donne, uomini e multi-genere
La mia comunità è etero, lesbica, gay, bi e trans-genre e queer
La mia comunità è locale
La mia comunità è globale
La mia comunità è un grande movimento pacifista mondiale di donne féemministe
Io sono una Donna in Nero in Israele
Il governo israeliano sta commettendo dei crimini contro l'umanità a Gaza
Mi vergogno.
Provo rabbia.
Mi sento impotente.
Noi non abbiamo fermato il male,
Continuiamo a manifestare nelle strade, a fare appelli a chi decide, a diffondere informazioni, a firmare petizioni, a inviare aiuti umanitari, a fare azioni dirette
Le nostre voci non sono ascoltate
Le nostre voci chiare e forti sono messe a tacere
Le nostre voci non raggiungono le nostre sorelle e i nostri fratelli in Palestina
Le nostre voci non bloccano le armi e la distruzione
Noi continueremo ad agire e a sperare.
Continueremo ad attraversare i muri, le frontiere e i ghetti imposti dal patriarcato,
Continueremo ad ascoltare il grido di Gaza
Continueremo ad ascoltare il grido della Cisgiordania
Ascolteremo anche il grido delle donne e dei bambini in Congo, in Nord Uganda, in Sud-Sudan, in Colombia e altrove
Tutta questa sofferenza è collegata e fa parte della stessa cultura politica patriarcale
Noi diciamo ad alta voce NON IN NOSTRO NOME
Noi rifiutiamo di essere nemici
Anche nel sud d'Israele dove soffrono per i razzi, ci sono voci per la pace
Noi continuerem ad opporci alla guerra e al militarismo
Continueremo a creare una cultura di nonviolenza, di giustizia e di pace
Continueremo a servire l'umanità
Che noi possiamo ad apprendere e insegnare che tutto è uno
Che possiamo apprendere e insegnare che uno è tutto
Che possiamo trovare una trasformazione, una giustizia e una guarigione
Che possiamo vivere tutti in pace
Che possiamo vivere tutti nella gioia.

7 gennaio 2009

Domani presidio in Piazza Nettuno: FERMIAMO IL MASSACRO A GAZA, FERMIAMO LA GUERRA!

CGIL CISL UIL Bologna


La gravissima situazione a Gaza, la decisione del Governo israeliano di attuare l’attacco di terra, dopo oltre una settimana di bombardamenti, quale rappresaglia contro l’irresponsabile lancio di razzi kassam da parte di Hamas, sta determinando una vera e propria catastrofe umanitaria.
La comunità internazionale deve intervenire con ogni mezzo per ottenere il cessate il fuoco, interrompere l’ennesimo scenario di guerra, consentire gli aiuti umanitari alla popolazione palestinese.
La Striscia di Gaza si configura ormai da tempo come una sorta di prigione a cielo aperto, segnata da ogni tipo di privazione, a partire dalle gravissime carenze di cibo, luce, acqua e medicinali.
Non è in discussione il diritto di ogni popolo a difendere il proprio territorio, ed è evidente che vi sono pesanti responsabilità di Hamas nella scelta di colpire con il lancio di razzi le popolazioni civili delle vicine località di frontiera israeliane. Ma è altrettanto evidente che Gaza e la sua popolazione stanno ora subendo una rappresaglia di violenza inaudita e assolutamente sproporzionata, in una terra in cui il diritto internazionale e il diritto umanitario sono stati permanentemente violati, in cui la popolazione è stata sottoposta ad una brutale punizione collettiva, e dove bombardamenti ed azioni militari stanno causando un numero altissimo di vittime tra i civili, tantissimi bambini.
La comunità internazionale non può assistere impotente ad una sorta di soluzione finale della questione palestinese. L’ONU deve intervenire, anche attraverso una forza di interposizione per ottenere il cessate il fuoco, presupposto essenziale per riprendere la strada del dialogo, per il ripristino delle condizioni di pace, dopo decenni di conflitto, di violenza, di stragi e di terrorismo e, per sancire definitivamente il dritto di entrambi i popoli a vivere all’interno di due Stati, riconoscendosi reciprocamente.
Per questo è necessario fermare innanzitutto le armi. Questa è la priorità che deve muovere il movimento e le forze pacifiste del nostro Paese, raccogliendo le tante voci e le istanze che in tal senso si esprimono anche in queste ore in Israele e Palestina.
Per questo chiediamo a tutti coloro che condividono questo obiettivo e la grave preoccupazione per quanto sta avvenendo, di mobilitarsi partecipando al

PRESIDIO in Piazza Nettuno

GIOVEDI’ 8 GENNAIO 2009 alle ore 18.00

Hanno sinora aderito: ARCI , ACLI, ANPI , Emergency Bologna, Don Giovanni Nicolini.

Bologna, 5 gennaio 2009

6 gennaio 2009

APPELLO : Non si può rimanere a guardare

C'è un modo per evitare il massacro di civili. C'è un modo per salvare il popolo palestinese. C'è un modo per garantire la sicurezza e la pace di Israele e del suo popolo. C'è un modo per dare una possibilità alla pace in Medio Oriente. C'è un modo per non arrendersi alla legge del più forte e affermare il diritto internazionale: CESSATE IL FUOCO IN TUTTA L'AREA, RITIRO IMMEDIATO DELLE TRUPPE ISRAELIANE, FINE DELL'ASSEDIO DI GAZA, PROTEZIONE UMANITARIA INTERNAZIONALE.Facciamo appello a chi ha responsabilità politiche e a chi sente il dovere civile perché sia rotto il silenzio e si agisca. Le Nazioni Unite e l'Unione Europea escano dall'immobilismo e si attivino per imporre il pieno rispetto per imporre il pieno rispetto del diritto internazionale.L'Italia democratica faccia la sua parte.Le nostre organizzazioni si impegnano, insieme a chi lo vorrà, per raccogliere e dare voce alla coscienza civile del nostro paese.
Acli, Arci, Legambiente, Cgil, Auser, Libera, Rete Lilliput, Associazione Ong Italiane - Piattaforma Medio Oriente, Fondazione Angelo Frammartino, Beati i Costruttori di Pace, Fiom, Cgil Funzione Pubblica, Un ponte per..., Aiab, Cies, Gruppo Abele, Cipax - Centro Interconfessionale per la pace, Donne in Nero, A Sud, Fair, Fairtrade Italia, Forum Ambientalista, Ucodep, Terres des Hommes International, Armadilla Onlus, Sdl Intercategoriale, Tavola Sarda per la pace, Famiglia di Angelo Frammartino, Luigi Ciotti, Flavio Lotti, Luciana Castellina, Giuliana Sgrena, Enzo Mazzi - Isolotto Firenze, Luisa Morgantini, Vittorio Agnoletto, Giovanni Berlinguer, Sergio Staino, tanti gruppi locali, docenti, amministratori locali, pacifisti e pacifiste, cittadini e cittadine....

5 gennaio 2009

AI POLITICI ITALIANI da parte di Luisa Morgantini,Vice Presidente del Parlamento Europeo

Roma, 3 Gennaio 2009
Non una parola, non un pensiero, non un segno di dolore per le centinaia di persone uccise, donne, bambini, anziani e militanti di Hamas, anche loro persone. Case sventrate, palazzi interi, ministeri, scuole, farmacie, posti di polizia. Ma dove è finita la nostra umanità. Dove sono i Veltroni, con i loro “I care”, come si può tacere o difendere la politica di aggressione israeliana.
La popolazione di Gaza e della Cisgiordania, i palestinesi tutti, pagano il prezzo dell’incapacità della Comunità Internazionale di far rispettare ad Israele la legalità internazionale e di cessare la sua politicale coloniale.
Certo Hamas con il lancio dei razzi impaurisce ed è una minaccia contro la popolazione civile israeliana, azioni illegali, da condannare. Bisogna fermarli.
Ma basta con l’ impunità di Israele e dei ricatti dei loro gruppi dirigenti.
Dal 1967 Israele occupa militarmente i territori palestinesi, una occupazione brutale e coloniale. Furto di terra, demolizione di case, check point dove i palestinesi vengono trattati con disprezzo, picchiati, umiliati, colonie che crescono a dismisura portando via terra, acqua, distruggendo coltivazioni. Migliaia di prigionieri politici, ai quali sono impedite anche le visite dei familiari.
Ma voi dirigenti politici, avete mai visto la disperazione di un contadino palestinese che si abbraccia al suo albero di olivo mentre un buldozzer glielo porta via e dei soldati che lo pestano con il fucile per farglielo lasciare, o una donna che partorisce dietro un masso e il marito taglia il cordone ombelicale con un sasso perché soldati israeliani al check point non gli permettono di passare per andare all’ ospedale, o Um Kamel, cacciata dalla sua casa, acquistata con sacrifici perché fanatici ebrei non sopravvissuti all’olocausto ma arrivati da Brooklin, pensando che quella terra e quindi quella casa sia loro per diritto divino, sono entrati di forza e l’hanno occupata perché vogliono costruire in quel quartiere arabo di Gerusalemme un'altra colonia ebraica.
Avete mai visto i bambini dei villaggi circostanti Tuwani a sud di Hebron che per andare a scuola devono camminare più di un ora e mezza perché nella strada diretta dal loro villaggio alla scuola si trova un insediamento e i coloni picchiano ed aggrediscono i bambini, oppure i pastori di Tuwani che trovano le loro tanche d’acqua o le loro pecore avvelenate da fanatici coloni, o la città di Hebron ridotta a fantasma perché nel centro storico difesi da più di mille soldati 400 coloni hanno cacciato migliaia di palestinesi, costringendo a chiudere più di 870 negozi.
Avete visto il muro che taglia strade e quartieri che toglie terre ai villaggi che divide palestinesi da Palestinesi, che annette territorio fertile e acqua ad Israele, un muro considerato illegale dalla Corte Internazionale di giustizia. Avete visto al valico di Eretz i malati di cancro rimandati indietro per questioni di sicureza, negli ultimi 19 mesi sono 283 le persone morte per mancanze di cure, avrebbero dovuto essere ricoverate negli ospedali all’estero, ma non sono stati fatti passare malgrado medici israeliani del gruppo Phisician for Human rights garantissero per loro. Avete sentito il freddo che penetra nelle ossa nelle notte gelide di Gaza perché non c’è riscaldamento, non c’è luce, o i bambini nati prematuri nell’ospedale di Shifa con i loro corpicini che vogliono vivere e bastano trenta minuti senza elettricità perché muoiano.
Avete visto la paura e il terrore negli occhi dei bambini, i loro corpi spezzati . Certo anche quelli dei bambini di Sderot, la loro paura non è diversa, e anche i razzi uccidono ma almeno loro hanno dei rifugi dove andare e per fortuna non hanno mai visto palazzi sventrati o decine di cadaveri intorno a loro o aerei che li bombardano a tappeto. Basta un morto per dire no, ma anche le proporzioni contano dal 2002 ad oggi per lanci di razzi di estremisti palestinesi sono state uccise 20 persone. Troppe, ma a Gaza nello stesso tempo sono stati distrutte migliaia e migliaia di case ed uccise più di tre mila persone tra loro centinaia di bambini che non tiravano razzi.
Dopo le manifestazioni di Milano dove sono state bruciate bandiere israeliane, voi dirigenti politici avete tutti manifestato indignazione, avete urlato la vostra condanna. Ne avete tutto il diritto. Io non brucio bandiere né israeliane né di altri paesi e penso che Israele abbia il diritto di esistere come uno Stato normale, uno stato per i suoi cittadini, con le frontiere del 1967, molto più ampie di quelle della partizione della Palestina decisa dalla Nazioni Unite del 1947.
Avrei però voluto sentire la vostra indignazione e la vostra umanità e sentirvi urlare il dolore per tante morti e tanta distruzione, per tanta arroganza, per tanta disumanità, per tanta violazione del diritto internazionale e umanitario. Avrei voluto sentirvi dire ai governanti israeliani: Cessate il fuoco, cessate l’assedio a Gaza, fermate la costruzione delle colonie in Cisgiordania, finitela con l’ occupazione militare, rispettate e applicate le risoluzioni delle Nazioni Unite, questo è il modo per togliere ogni spazio ai fondamentalismi e alle minacce contro Israele.
Ieri lo dicevano migliaia di israeliani a Tel Aviv, ci rifiutiamo di essere nemici, basta con l’occupazione.
Dio mio in che mondo terribile viviamo.

4 gennaio 2009

FIRMIAMO LA PETIZIONE PER UN IMMEDIATO CESSATE IL FUOCO A GAZA !

Firmiamo la petizione per un immediato cessate il fuoco nella Striscia di Gaza su Avaaz.org

Comunicato stampa del PCHR Centro Palestinese per I diritti umani

27 Dicembre 2008 16:00

Nel giorno più sanguinoso nella storia dell'Occupazione, sono centinaia i civili palestinesi morti e feriti a causa di un'offensiva aerea israeliana contro la Striscia di Gaza

Il PCHR condanna nei termini più forti la guerra intrapresa dalle Forze di Occupazione Israeliane contro la Striscia di Gaza attraverso un'offensiva aerea su larga scala, che finora ha preso di mira dozzine di stazioni di polizia, edifici pubblici e statali, e siti della sicurezza in tutta la Striscia di Gaza. Il PCHR chiede alla comunità internazionale, in particolare alle Parti Contraenti la Quarta Convenzione di Ginevra Relativa alla Protezione dei Civili in Tempo di Guerra ed alle organizzazioni internazionali di intervenire immediatamente per fermare le uccisioni da parte delle forze di occupazione israeliane nella Striscia di Gaza e per porre fine all'attuale e senza precedente deterioramento della situazione dei diritti umani e delle condizioni umanitarie nella Striscia di Gaza.

Secondo le informazioni iniziali a disposizione del PCHR, almeno 190 palestinesi, molti di quali poliziotti, tra cui il General Maggiore Tawfiq Jaber capo della polizia palestinese nella striscia di Gaza, sono stati uccisi mentre si trovavano all'interno e vicino alle stazioni di polizia. Centinaia di altri sono stati feriti. Molti dei feriti sono in condizioni critiche in quanto non riescono a ricevere trattamento medico presso gli ospedali della Striscia di Gaza, che non sono in grado di far fronte ad un numero così grande di feriti a causa dell'assedio cronico imposto dalle forze di occupazione israeliane sulla Striscia di Gaza, che ha avuto un impatto negativo sulle condizioni di vita e limitato la capacità degli ospedali nel fornire i servizi minimi alla popolazione civile palestinese.

Gli attacchi aerei sono iniziati alle 11:25 (ora locale) quasi nello stesso momento in tutta la Striscia di Gaza. Questo sincronismo indica che gli israeliani avevano deciso di causare il maggior numero di vittime possibile essendo questo il momento di massima attività giornaliera. Ciò spiega anche l'alto numero di vittime uccise o ferite in pochi minuti nel giorno più sanguinoso nei 41 anni di occupazione israeliana. Il sincronismo degli attacchi aerei ha coinciso con la pausa tra la mattina ed il primo pomeriggio nelle scuole, molte della quali si trovano vicino alle stazioni dei polizia che sono state attaccate. Il PCHR è venuto a sapere che alcuni bimbi sono stati uccisi o feriti mentre stavano andando o tornando da scuola e che centinaia di scolari e civili sono stati curati per lo choc subito. Il PCHR è venuto a conoscenza del fatto che dozzine di vittime erano civili disarmati e che la maggioranza di loro si trovava in aree popolate da civili..

Mentre scriviamo questo comunicato stampa la difesa civile ed il personale medico sta ancora lavorando per estrarre i corpi delle vittime dalle macerie degli edifici attaccati. Sono stati attaccati anche alcuni siti di difesa civile.

Il PCHR condanna in modo forte tale serie di crimini di guerra commessi dalle forze di occupazione israeliane nella Striscia di Gaza e:

1) ribadisce la sua richiesta alla comunità internazionale, specialmente alle Parti Contraenti la Quarta Convenzione di Ginevra ed alle organizzazioni internazionali perché intervengano immediatamente per fermare tale deterioramento senza precedenti dei diritti umani e delle condizioni umanitarie nella Striscia di Gaza
2) ricorda che le stazioni di polizia, gli ufficiali di polizia e giudiziari secondo la legge internazionale sono civili, ed averli colpiti mentre non erano impegnati in azioni militari costituisce una violazione della legge internazionale
3) puntualizza che la maggioranza degli edifici e dei siti che sono stati attaccati si trovano in aree popolati da civili, quindi dozzine di case sono state gravemente danneggiate. Tali attacchi sono un indicazione del fatto che Israele non si cura della vita e della sicurezza dei civili palestinesi, cosa provata anche dall'alto numero di vittime civili

4) chiede agli stati ed alle organizzazioni internazionali di fornire urgente assistenza medica ed umanitaria alla Striscia di Gaza, che si trova sotto un stretto assedio che ha avuto ripercussioni su tutti gli aspetti della vita, specialmente per quanto riguarda le condizioni di salute, poiché gli ospedali nella Striscia di Gaza non sono in grado di prestare aiuto ad un tale alto numero di feriti